Ardengo Soffici e Carlo Carrà in collezione Mo.C.A.

La collezione civica Mo.C.A. si amplia con un nucleo di incisioni, litografie e acqueforti, a firma di grandi nomi del Novecento italiano; tra questi, Ardengo Soffici e Carlo Carrà. Le opere acquisite, un’incisione a puntasecca ed una ad acquaforte, saranno apprezzabili nell’ambito di future temporanee in programmazione.

  • Ardengo Soffici

Di origini fiorentine, pittore Accademico d’Italia (1939), critico d’arte di “violenza polemica” e collaboratore de La Voce e del Popolo d’Italia, Ardengo Soffici (1879-1964) è considerato tra i grandi protagonisti della Storia dell’Arte Italiana del secolo Novecento. Sperimentatore di avanguardie dal futurismo al cubismo, ritrattista e paesista, nel corso del soggiorno parigino (1903-1907) apprezza la fugacità dell’immagine impressionista e post-impressionista di Degas e Cézanne che diventano “filtri” attraverso cui rielabora uno stile macchiaiolo; ne nascono capolavori come “Casa Colonica”, “Campi arati” e “Campo con pagliaio” oggi in Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Per la produzione successiva Soffici adotta, comunque, uno stile caratterizzato da una luminosità ed una freschezza nuove, di orientamento modernista, anticonformista, nazionalista, nostalgicamente toscano alla maniera di Giotto e Masaccio; ne derivano tele strutturate su pennellate, talvolta dense talvolta leggere, che mantengono e miscelano la tradizione pittorica trecentesca e quattrocentesca con influenze macchiaiole, impressioniste e selvaggiamente “fauves”. Soffici si dedica anche alla pratica incisoria, composta per lo più da xilografie, caratterizzata da un tratto veloce frutto di sperimentazione metodologica atta a perseguire gli stessi effetti ottenuti in pittura.

In foto: Ardengo Soffici, Cinquale, puntasecca formato lastra 21×34, formato foglio 45×65, tiratura 1/30 e 5pda, anno 1963, stampatore Il Bisonte.

  • Carlo Carrà

Protagonista dei movimenti che rivoluzionarono la pittura del primo ventennio del Novecento, scrittore e critico d’arte, pittore e incisore, Carlo Carrà (1881-1966) si oppone all’accademismo e ai dettami ottocenteschi per abbracciare ispirazioni e valori decisamente “primitivi” di rigorosa essenzialità. Tra i firmatari del manifesto futurista (20 febbraio 1909) conosce Picasso, Braque e De Chirico; prende parte alle Biennali veneziane del 1948, 1950 e 1952 nonché a numerose rassegne estere. La produzione artistica rende manifesta l’adozione di una pluralità di stili che si compenetrano l’un l’altro; dai primissimi paesaggi degli anni Venti, caratterizzati da un disegno essenziale (“Case a Belgirate”) di profonda meditazione ed autonomia artistica, a partire dagli anni Quaranta propone immagini “visionarie” popolate di angeli e demoni, creature mitologiche e figure realistiche, immagini di morte e di speranza. Forte degli insegnamenti di Giuseppe Guidi, alla produzione pittorica Carrà affianca anche l’attività incisoria attraverso cui reinterpreta acqueforti e litografie; il segno duro e sintetico, i tratti incrociati in addensamenti di zone d’ombra e continue scomposizioni di sagome fanno dell’artista un professionista innovativo, stilisticamente e concettualmente volto al futurismo con tendenze primitiviste ed inclinazioni al metafisico.

In foto: Carlo Carrà, Senza titolo, acquaforte b/n, formato lastra 21×25, formato foglio 35×50, tiratura 1/50 e 5pda, anno 1964, stampatore Il Bisonte.