Emilio Greco: la poetica della sua espressione grafica.

Catania. Classe 1913. Emilio Greco è considerato tra i massimi esponenti della cultura e dell’Arte del nostro tempo; la sua attività professionale, che si basa su modelli classici di rigore accademico filtrati con acuta sensibilità moderna, è scandita sia da opere scultorie sia grafiche, ospitate in numerose esposizioni, italiane ed estere, personali e collettive.

A distanza di quasi 50 anni da Omaggio ad Emilio Greco, mostra-evento di rara importanza ideata e promossa dal Comune di Montecatini Terme come onorevole riconoscimento della validità della produzione grafica del Maestro, l’Assessorato alla Cultura della città, curatore della Galleria Civica Mo.C.A., colma questa assenza con l’acquisizione de Il corridore e Nudo femminile: pregevoli acqueforti che, dunque, entrano ufficialmente a far parte della collezione permanente dello spazio espositivo.

Fin da ragazzo, Greco inizia una serie di apprendistati in botteghe di scalpellini locali che gli permettono di contribuire al bilancio familiare e che, al contempo, lo avvicinano al mondo dell’arte e alle pratiche scultoree. Nel 1934 si iscrive all’Accademia militare di Palermo dove segue il corso ufficiali e dove prende servizio; di lì a poco, lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale sradica il giovane dalla sua Sicilia, portandolo prima a Firenze poi a Roma e riducendolo quasi in povertà. Greco, perciò, si arrangia e cerca di sbarcare il lunario facendo ritratti veloci, a buon mercato ad alti ufficiali e nobildonne della buona società, fino al 1947 quando riesce ad aprire il suo primo studio, a villa Massimo, dove si dedica al disegno e alla scultura. Qui iniziano a definirsi i tratti del suo stile e prendono forma i suoi primi lavori: dalla sua mente nasce e si sviluppa un caleidoscopio di soggetti, evocatori dell’antica Roma, che rappresentano lottatori, ginnasti, atleti, pattinatrici, ciclisti. Su tutti spicca la figura femminile: inizialmente proposta con morfologie e movenze classiche in timide seduzioni avvertibili nelle pose e negli sguardi, lentamente va definendosi sempre più come ritratto/icona ideale della donna moderna, sensuale ed elegante, dolcemente inquieta e vulnerabile. Prende dunque vita quella serie di nudi, caratterizzanti la produzione artistica del Maestro, che esplora le potenzialità delle movenze del corpo femminile che si regge su un’accennata ma decisa passionalità, su un’aggraziata sensualità, su un trattenuto erotismo velato di timida malizia. Le vertiginose torsioni del corpo, delle gambe, delle braccia e del busto, elementi costruiti con generosi e avvolgenti volumi, evocano l’ideale della bellezza classica che, però, viene reinterpretata e riproposta su carta con i toni aspri del disincanto e della durezza dei tempi moderni.

I disegni del Maestro rielaborano, dunque, con soggettività, ovvero con proiezioni emozionali e sentimentali, i dettami delle lezioni accademiche in Scultura antica e moderna; in questo senso, l’errore più grande è quello di considerare le sue opere grafiche come mere e semplici bozze, studi d’artista, carte preparatorie. I mezzi stessi utilizzati dal Maestro permettono di comprendere a fondo quanto lontana dal reale sia una chiave di lettura così semplicistica. Infatti, se già, banalmente, si considera la tecnica scelta – penna e inchiostro di china su fogli di carta bianca, di piccole dimensioni, sempre fisse – si intuisce l’astrazione, ovvero l’idea primaria, il concetto che dà vita ai suoi disegni: le figure, concepite in un perimetro costante, in una durevole e consueta spazialità, nascono e si sviluppano entro una dimensione stabile che si sedimenta e si cementa nella memoria dell’artista. In questo spazio, l’inchiostro consente e assicura la nettezza del segno e la sua stessa incisività; la penna permette, invece, di graduare spessori e accentuare le intensità dei neri; il complesso delle modulazioni di colore determina un gioco di luci ed ombre che, al contempo, è corpo della figura che si anima di pathos e tensione. Ogni approssimazione, ogni arrangiamento viene così bandito e tutto appare studiato e “ragionato”: niente di più lontano da una bozza.  

Contemporaneamente all’attività in studio, Greco riesce ad entrare nel mondo dell’insegnamento: ad una prima docenza al Liceo Artistico di via Ripetta (Roma), segue l’assegnazione della Cattedra di Scultura all’Accademia di Carrara, di cui diventa titolare dal 1952 al 1955; successivamente si trasferisce a Napoli e poi a Roma dove tiene l’insegnamento di Scultura fino al 1975; tra 1959-1960 ricopre il ruolo di Professore aggiunto all’Akademie der bildenden Künste di Monaco di Baviera; nell’estate del 1961 si sposta invece a Salisburgo dove tiene il corso di scultura all’Internationale Sommerakademie della città. Nel frattempo, riceve premi e riconoscimenti e partecipa ad eventi di rilevanza nazionale: nel 1944 prende parte alla IV Quadriennale di Roma dove espone due terrecotte, di cui una (Omino – 1939) acquistata dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna; nel 1946 espone alla Galleria del Secolo dove presenta una serie di terrecotte comprensiva de Il Lottatore, La Pattinatrice e numerosi disegni che attirano l’attenzione della critica, tra cui Bellonzi, Ragghianti e Santini.

Nel 1953 realizza il Monumento a Pinocchio che diviene oggetto di acide polemiche per la composizione stessa della scultura, decisamente rivoluzionaria rispetto agli stilemi degli illustratori scolastici: costruita, infatti, su di un gioco di sottili spirali, vuoti dinamici e trafori luminosi, è caratterizzata da una quasi totale assenza di masse plastiche e materie solide. Ebbene, sulla scia di tanta acredine, nel 1956 il Maestro viene invitato alla Biennale di Venezia dove riceve il premio in Scultura.

Pochi anni più tardi, nel 1964 partecipa al completamento della facciata del Duomo di Orvieto, realizzando le imposte bronzee delle porte dell’edificio; il suo lavoro suscita, anche stavolta, un’accesa polemica relativamente al restauro di edifici antichi con interventi moderni, al punto che le imposte restano “in quarantena” fino al 1970 quando finalmente vengono messe in opera. Nel 1991 la città di Orvieto omaggia il Maestro dedicandogli un Museo di Scultura e Grafica.

Nel 1967 realizza il Monumento funebre a Papa Giovanni XXIII per la Basilica vaticana: si tratta di un rilievo a grandi dimensioni in cui la figura del Pontefice, benché massiccia, si coordina e si bilancia nella totalità della composizione, con effetti chiaroscurali e volumi plastici che conferiscono ai personaggi un tono realistico.

Da questa brevissima summa è percepibile la poetica che sta alla base dello stile dell’artista, ovvero della sua stessa espressione grafica: Greco manifesta apertamente il proprio attaccamento ad una visione puramente materica, sanguigna ed istintiva delle cose e dei fatti, allontanandosi dagli esempi dell’arte classica che è pura idealizzazione. Nella sua scultura, affine al vero e contaminata di riproposizioni iconografiche che si basano su contrasti materici e di luce, così come nei nudi femminili sensuali, vitali, graffianti e felini, si percepisce, in definitiva, il senso di una doverosa e sentita restituzione al mondo della dimensione puramente oggettiva della realtà.

Nonostante gli impegni professionali, il Maestro riesce anche in numerosi viaggi che contribuiscono a far conoscere il suo nome e le sue opere sul panorama culturale nazionale ed internazionale: nel 1947 si sposta per due settimane a Parigi; nel 1952 a Londra; tra 1960 e 1961 in Germania ed Austria; nel 1966 torna a Parigi e poi si sposta in Grecia; nel 1967 raggiunge Teheran; nel 1971 si sposta ad Hakone, in Giappone, dove gli viene dedicato un museo all’aria aperta come riconoscimento ufficiale del suo impegno artistico e dei suoi lavori tanto apprezzati; nel 1974 è in Egitto; nel 1979 fa tappa a Mosca e a Leningrado.

Si dedica anche alla produzione di poesie e prose che però divulga solo negli ultimi anni di vita; si ricordano le pubblicazioni Poesie (Milano 1952), L’oro antico delle vigne (Roma 1978), Appunti di una vita (Palermo 1980), Memoria dell’estate (Bologna 1980) e Dall’antica voce (Milano 1985) che riscuotono apprezzamenti da autori del calibro di Caproni, Giudici, Bo e Sciascia.

Il Maestro ci lascia nell’aprile del 1995.

Il corridore
Nudo femminile

In foto:

1) Il corridore. 1980. Acquaforte su fondino crema. mm 575×375. Foglio: mm 700×500. Firmata e datata a matita in basso a destra e iscritto: “Roma”, numerata in basso a sinistra e sotto timbro a secco de “Espolito Torino”. Es. 30/99. 2) Nudo femminile. 1981. Acquaforte su fondino crema. mm 185×250. Foglio: mm 470×500. Firmata e datata a matita in basso a destra e iscritto: “Roma”, tiratura a numeri romani in basso a sinistra. In basso a destra timbro a secco “gg”. Es. V/XX. Provenienza: Collezione Luciano Catarzi.