Giovanni Fattori, genio ribelle.

La Galleria Civica Mo.C.A. – Montecatini Contemporary Art si arricchisce di due significative opere che rientrano nell’ambito di una serie di acquisizioni mirate ad incrementare il già prestigioso profilo culturale e artistico dello spazio espositivo. Dal 2022 sono infatti in collezione due acqueforti, Costumi toscani (barroccio) e Contadino toscano, a firma di Giovanni Fattori, esponente della corrente dei Macchiaioli, tra i più famosi pittori ed incisori della storia dell’Arte italiana dell’Ottocento. Il movimento, nato su suggestione – ed in risposta – al naturalismo e al verismo, si distingue per l’uso innovativo del colore che viene steso “a macchie”; questa insolita e peculiare caratteristica vale agli artisti partecipanti il titolo di precursori dell’Impressionismo francese.

Giovane originario di Livorno dove nasce nel 1825, svogliato e ribelle, poco incline agli studi, Fattori scopre ben presto una forte attrazione per il disegno. Si trasferisce a Firenze dove si iscrive, svogliatamente, all’Accademia di Belle Arti: “Firenze mi ubriacò: vidi molti artisti, ma nulla capiva: mi parevano tutti bravi e io mi avvilii tanto che mi spaventava il pensiero di dover cominciare a studiare”. In città conosce Giuseppe Giusti che lo introduce nella ristretta cerchia del Prof. Bezzuoli per lezioni private; si approccia, quindi, all’aristocrazia fiorentina con cui però non riesce a trovare affinità. Telemaco Signori parla del suo amico e compagno di studi come un ragazzo indocile, ribelle ed irrequieto, studente sovversivo ed indomabile, sempre dedito a scherzi nei confronti del Maestro e degli altri allievi. Ad ogni modo, nonostante la sua vivacità e le sregolatezze, conclude il suo ciclo di studi. Si dedica ad una breve ma intensa militanza politica, per far poi ritorno alla pittura con un atteggiamento bohémien: non curante delle proprie condizioni economiche frequenta assiduamente il caffè Michelangiolo dove si ritrova con altri artisti e patrioti fiorentini, sperperando i propri risparmi. Inizia quindi a guadagnarsi da vivere come vignettista-litografo. Questa esperienza rivela, inaspettatamente, il suo genio creativo: nei suoi lavori arrangiati inizia, infatti, a sperimentare una nuova tecnica, la macchia. Soggiorna a Roma e poi a Parigi dove non fa affatto mistero della propria avversione alla moda artistica del momento, la pittura impressionista, e dove si avvicina al verismo cui si dedica con viva passione. Inizia anche l’attività di acquafortista. Le sue inclinazioni artistiche vengono riconosciute ad alti livelli, nazionali ed internazionali, e premiate alle Esposizioni di Parma (1870), Vienna e Londra (1873), Santiago del Cile (1875), Philadelphia (1876), Melbourne (1880), Dresda (1887) e Colonia (1889); nel frattempo, viene nominato professore corrispondente dell’Accademia di Belle Arti di Firenze (1869) e Professore onorario di Pittura (1880). Il soggiorno a Marsiliana d’Albegna (1882) nella Maremma grossetana segna un vero e proprio punto di svolta nella carriera e nello stile dell’artista: in quell’occasione, infatti, impressionato dal paesaggio aspramente selvaggio e dai volti dei butteri bruciati dal sole, stravolti dalla fatica del lavoro nei campi, inizia a trarre spunto per nuove opere che lo consacrano definitivamente nella cerchia dei più grandi artisti suoi contemporanei. È di questi anni la sua partecipazione alla quinta edizione della Biennale di Venezia dove viene presentato come “papà Fattori, vera anima di vero artista”. Espone anche a Berlino (1896), a Dresda (1897), a Monaco di Baviera e a Parigi (1900). Pochi anni più tardi, nel 1908, in una calda notte di fine agosto, l’artista si spegne lasciando un vuoto incolmabile, amaramente compianto dai suoi Macchiaioli e dal grande pubblico.

I dipinti di Fattori ritraggono prevalentemente la Maremma toscana animata dai butteri: contadini, gente umile, la cui vita è scandita dal lavoro in campagna, dalla cura delle mandrie e la cui quotidianità è pura fatica e totale sacrificio. Nel dipingere questo mondo, con pungente verismo pittorico, l’artista propone una riflessione sulla realtà che viene ritratta negli aspetti più viscerali, vividi, terragni e dolorosi, talvolta con atteggiamento puramente descrittivo e narrativo con innocente coinvolgimento e compatimento, talvolta con intento ironico o del tutto polemico. L’immagine che comunque ne deriva è quella di una natura vera e veritiera, schiettamente ostile, dura e difficile, in cui sono calati uomini e bestie, entrambi legati da un sottile filo di dolore e miseria che li accomuna.

Opere di Fattori sono esposte in numerosi e celebri musei italiani, fra i quali il Civico Giovanni Fattori di Livorno, la Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti a Firenze, la pinacoteca di Brera a Milano, la Galleria civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino e la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.

In foto:

Giovanni Fattori. Contadino toscano. Acquaforte su rame. mm 150×80. Foglio: mm 240×150. 

Giovanni Fattori. Costumi toscani (Barroccio). Seconda metà del XIX secolo. Acquaforte. mm 210×138. Foglio: mm 320×186.