Italo Bressan. Il valore dell’ombra. Emozioni e tensioni in reciproca e continua riscoperta.

Trento, classe 1950. Nel 1962 Italo Bressan si trasferisce a Milano dove frequenta l’Accademia di Belle Arti di Brera in cui si diploma nel 1974 e dove inizia ad insegnare Pittura dal 1983; nel 1992 si trasferisce a Torino dove ottiene la cattedra di Pittura all’Accademia Albertina; nel 2002 torna a Milano, all’Accademia di Brera, dove ricopre l’incarico di titolare del corso di Pittura fino al 2016. Recentemente, l’Accademia ha voluto omaggiare l’Artista con una personale rassegna di opere su carta realizzate dalla metà degli anni Settanta al 2018, intitolata Italo Bressan – Della Luce nell’Ombra (23 gennaio – 8 marzo 2019, Biblioteca dell’Accademia). Già Accademico Corrispondente presso l’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze dal 2011, nel 2020 è stato insignito anche del titolo di Accademico d’Onore. Nel corso della sua carriera, Bressan ha esposto in importanti mostre e rassegne personali sia su territorio nazionale sia in ambito estero: da Milano, Torino, Firenze e Roma, a Basilea, Francoforte, Amburgo. Si ricorda la partecipazione all’XI Quadriennale di Roma (1986), alla 54° Biennale di Venezia (2011) ed una personale tenutasi a Palazzo Te a Mantova, curata da Vittorio Sgarbi. Le sue opere sono state presentate anche in occasione di esposizioni collettive organizzate dal PAC di Milano, dalla Galleria Civica di Modena, dalla Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia, dalla Galleria Civica e Palazzo delle Albere di Trento e dalla Galleria d’Arte Moderna di Bologna. Recentemente, nel luglio 2021, l’artista ha donato alla Galleria Civica Mo.C.A. di Montecatini Terme un nucleo di tre opere che, ad oggi, contribuiscono ad arricchire la già pregevole collezione dello spazio espositivo, nonché il patrimonio artistico e culturale della città.

Bressan è un finissimo intellettuale […] erudito studioso che ama il confronto e il dialogo ai più alti livelli della conoscenza filosofica, estetica, antropologica. Il prodotto della sua attività artistica non può quindi che essere una summa di questa varietà di stimoli che si riflette in una convinta e determinata adesione del campo dell’astrazione. […] La ricerca di Bressan infatti, partendo dalle fondamentali coordinate del colore e del tempo (il tempo della pittura, ma anche quello dell’uomo e, per estensione, del cosmo) […], ci permette di intravvedere, e talvolta agganciare, concetti universali riferibili al mondo delle idee e ci trasporta nella dimensione puramente emozionale della libera ricerca dei concetti di armonia, anima, purezza.

Gabriele Lorenzoni

A partire dalla metà degli anni Settanta, per qualche decennio, la ricerca artistica di Bressan ruota attorno ad una riflessione sui due elementi fondanti della pittura: forma e colore. Il punto nodale è la cromìa la cui intensità definisce e sviluppa un codice espressivo, intendendo per esso una sorta di linguaggio attraverso cui l’artista entra in contatto con il proprio IO. Si tratta di opere a campiture leggere e fluttuanti di colori che creano geometrie, dominano lo spazio e materializzano il pensiero dell’artista grazie ad un reciproco scambio di energie sensoriali derivanti proprio dalla pittura. La sua Arte è dunque pura ricerca, è sperimentazione di forme, è studio del colore inteso come evocazione, materializzazione e poi estensione dei sensi dell’artista; per esprimerli in pittura, la superficie della tela diventa un mezzo neutro di comunicazione mediante il quale ad ogni colore corrisponde una vibrazione che si traduce in una tensione emotiva, ovvero in una forma di linguaggio attraverso cui l’artista lascia esprimere il proprio IO. Ogni opera è perciò il risultato di una disposizione precisa e meticolosa di spazi cromatici ben calibrati, in suggestive sfumature e netti contrasti; è dunque il pensiero che diventa materia attraverso l’atto del dipingere. Nasce così il concetto di macchia intesa come il colore/vibrazione che traccia i passi di un cammino da compiere per raggiungere una dimensione immaginaria dove si manifestano e si svelano sensazioni ed emozioni. Bressan, dunque, utilizza il colore con spontaneità ed assoluta padronanza poiché lo sente come se parlasse alla sua anima, come se fosse una rivelazione ed un invito all’introspezione. Nella sua pittura, così eterea e non casualmente definita “di luce”, coesistono dunque l’assenza e la presenza, la densità e la leggerezza. La tela è quindi centro di energia ma anche di tensione dei suoi sensi, è centro di riflessione ma anche di impulso, è centro di confronto con l’esterno ma anche di conforto ed introspezione.

Questa intensa ed intima sperimentazione sensoriale, definibile anche nei termini di una fine e rara sensibilità cromatica, conduce Bressan verso una nuova ricerca che si concentra sullo studio del contrasto tra luce ed ombra in termini di accordi e conflitti, prima coloristici, poi sensoriali. La sua Arte continua dunque ad essere una pittura mentale intesa come materializzazione della mente a cui, però, Bressan giunge attraverso l’atto del segnare; in questa fase, perciò, tensioni ed emozioni, ovvero diacronie e sincronie, sono volutamente rese a tratti neri su sfondo bianco. Similmente a quanto accadeva per le campiture di colore, in questa più recente stagione di ricerca i segni sono, sì, materializzazione sensoriale e sono, sì, pura energia espressiva ma sono valori in dialogo con lo spazio neutro (la tela), ovvero sono pensiero in dialogo con la luce. I segni, quindi l’ombra, diventano i registi della struttura di una tela; sono materializzazione dell’IO dell’artista, perciò sono intensi ed anche transistori ed effimeri poiché soggetti allo scorrere del tempo, proprio come il carbone con cui sono realizzati. Il carbone si fa dunque ombra, ovvero materializzazione della mente di un uomo ricalibrata entro la fragilità di una dimensione puramente esistenziale: il valore dell’ombra secondo Bressan.

In foto: senza titolo, tecnica carbone e carboncino su carta.