Romano Masoni: libero, anarchico, inconsolabile.

Santa Croce sull’Arno, classe 1940. Toscano, dal carattere ribelle e di indole indomita, Masoni si definisce un anarchico, libertario e uomo fortunato poiché fa le cose che ama, anche quelle inutili; si prende i suoi tempi, i suoi momenti di riflessione, accetta i suoi attimi di impotenza creativa, di crisi e di riflessione. In poche parole: uno dei più grandi artisti del panorama italiano contemporaneo, un Maestro, pittore e incisore. Segnalato sul Catalogo Bolaffi (1979), nominato Accademico per la Classe di Pittura all’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze (1996), ad oggi il suo curriculum vanta citazioni in numerose antologie: Accadde in Toscana/I Protagonisti, di Tommaso Paloscia (edizioni Polistampa, Firenze 1999); L’Anello mancante/Figurazione in Italia negli anni ‘60 e ’70, di Domenico Guzzi (edizione Laterza, Bari 2002); Storia dell’Arte del 900/Generazione anni quaranta, di Giorgio Di Genova, (edizione Bora, Bologna 2009).” Nel mese di maggio di quest’anno il Maestro ha omaggiato il Mo.C.A. di Montecatini Terme con un nucleo di 4 opere che, dunque, ad oggi arricchiscono la già prestigiosa collezione della Galleria Civica; a queste se ne aggiunge una quinta, Auto da fé, donata appositamente per Florilegio Italiano-Artisti invitano Artisti, ambizioso progetto promosso dall’Assessorato alla Cultura della città e che vanta già numerose partecipazioni.

Di scuola e formazione annigoniana, come lui stesso ama definirsi, scopre e riscopre la pittura grazie all’esperienza di un viaggio parigino che gli fa capire cosa vuole fare da grande: la sua ambizione è vivere di pittura dedicandosi completamente ad essa. Inizia così a guardare la sua Santa Croce con occhi nuovi: la cittadina, che fin dalla prima gioventù, probabilmente, doveva stargli “un po’ stretta,” diventa il posto giusto per lavorare. Decisive per la sua formazione artistica sono state le influenze di Renzo Grazzini, a Firenze nel ‘67, e di Dino Carlesi con cui suggella un sodalizio lungo una vita. L’esperienza di un viaggio all’Ex Ospedale Psichiatrico di Arezzo, dove incontra medici, pazienti, poeti e cantastorie (1984), spinge il Maestro ad un impegno politico e sociale sentito, vivido ed incisivo, concentrato prettamente a far luce sulle problematiche del territorio; ne scaturisce una serie di eventi organizzati in ogni paese del Comprensorio del Cuoio, i cui soggetti – angeli e demoni – protagonisti di film, mostre, esibizioni e letture nelle piazze, nelle biblioteche e nelle concerie, animano le strade cittadine. Sostanzialmente, dunque, nasce un connubio tra arte e politiche sociali, in mezzo alla gente e per la gente. Fin dagli esordi, le sue tele ritraggono infatti uomini e donne dai volti accesi in espressioni colorite, così come crucciati o malinconici, se non, addirittura, inespressivi; edifici in fiamme così come avvolti in atmosfere cupe e immaginarie; ruvide superfici corrose; metalli e oggetti accartocciati. La sua pittura è, pertanto, un fatto viscerale; sembra trasudare rabbia e malinconia, forza e rassegnazione poiché è il ritratto di una realtà che si svela nuda a tinte, tratti e contrasti forti. Il suo stile pittorico, perciò, non deve essere consolatorio e nemmeno edificante; bensì è un linguaggio universale, compreso e comprensibile indipendentemente dalla cultura che lo genera e con cui dialoga.

Tra le prime opere si ricorda la Crocefissione per la Chiesa di Sant’Andrea di Santacroce sull’Arno (1975) ed un affresco realizzato su una parete della Casa del Popolo di Santa Croce (1975). Il nome del Maestro inizia così a farsi conoscere, varcando i confini fiorentini: viene infatti invitato alla X Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma; alla “VI Biennale Ponzano” a Palazzo Cariati di Napoli; prende parte a Il sacro nell’Arte contemporanea a Palazzo Arcivescovile di Palermo, su proposta di Enzo Carli. Fonda la rivista di politica e culturale Il Grandevetro in cui affronta tematiche legate all’ambiente e al lavoro. Nel frattempo, a Firenze, partecipa ad un seminario per l’inaugurazione dell’Atelier di Tadeusx Kantor e rimane ammaliato dallo stile dell’artista e dalle foto di Buscarino che diventano fonte di ispirazione.

Tra le esposizioni si ricordano le personali tenutasi al Centro Arti Visive di Palazzo Diamanti di Ferrara e all’Arsenale Mediceo di Pisa (1982); si cita anche Le sorprese di Ulisse, per il Museo della Conceria di Santa Croce, realizzata nell’ambito del progetto Nel Segno di Saturno che si poneva come vera e propria riflessione sulle origini del lavoro in conceria. Nel 1990 inaugura Nuvolanera, progetto studiato insieme agli artisti – ed amici – Bobò e Lombardi, dedicato alla poesia e all’ immagine, comprensivo di centoventi incisioni ed altrettanti testi poetici inediti di autori vari. Il progetto viene ospitato al Museo d’Arte Moderna di New York nell’ambito della mostra The Artist and the Book in Twentieth-Century Italy. Segue una personale a Palazzo Sertoli, a Sondrio (1995) ed una rassegna alle Cannoniere della Rocca Paolina di Perugia (1996). Viene invitato alla VI – VII e VIII edizione della Triennale di Incisione al Palazzo della Permanente di Milano e alla IV Triennale mondiale delle stampe tenutasi a Chamaliers in Francia.

L’esperienza newyorkese, e soprattutto l’incontro con gli stampatori Alibrandi e Iacomucci, inducono il Maestro a reinterpretare la sua personale concezione dell’Arte: inizia infatti a percepire l’incisione come un necessario, graduale ed inevitabile processo di mutazione della materia che percepisce come metaforico viaggio di formazione personale, oltre che professionale. Masoni, inizia, dunque a scorgere la possibilità, nell’incisione, di indagare e scandagliare la dimensione umana e sociale. La sua tecnica assume, dunque, un linguaggio diverso, definito alchemico, che trova in nuovi elementi, del tutto estranei alla superficie pittorica, il solo mezzo di dialogo ed espressione. Il Maestro inizia così ad utilizzare piombo e percloruro di ferro ai quali affida, deliberatamente, l’intera regia della spazio della tela; questi conferiscono toni drammatici e, allo stesso tempo, malinconici, perfettamente ed efficacemente evocativi del messaggio di indubbia universalità veicolato dalla sua Arte. Le incisioni del Maestro sono dunque la materializzazione della consapevolezza della fragilità umana, appresa dall’intimo colloquio tra l’uomo libero, sanguigno ed indomito, Masoni, ed un più profondo ragionamento su se stesso e sul sociale.

Questa innovazione consacra definitivamente il suo nome nel panorama artistico italiano. Si susseguono, infatti: una personale al Museo Piaggio di Pontedera (2002); una personale alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Raffaele De Grada di San Gimignano (2006); una personale alla Galleria Inzago di Norimberga (2006); l’installazione multimediale permanente La Stanza della Memoria ospitata alla Pubblica Assistenza di Santa Croce sull’Arno (2007); la personale Questo è il mio fiume presso Villa Pacchiani a Santa Croce sull’Arno (2012); la mostra Segni e Parole tenutasi al Chiostro delle Stelline di Milano (2013); Formicolii pietrificati al Museo di San Michele degli Scalzi a Pisa (2014); Il Gabbiano tenutasi a La Spazia per Arte performativa/Centenario del Movimento Dada e per In Memory of Joseph Beuys (2015); la personale a Casaconcia a Ponte a Egola (2017). Si ricorda anche la partecipazione alla mostra storica di Villa Pacchiani, Pestival/La grande metafora 1982, tenutasi a Santa Croce sull’Arno (2018).

Attualmente, il Maestro è presente anche al Museo della Certosa di Calci con la temporanea Stellemiti. La scelta di contestualizzare le opere entro la suggestiva sala dei cetacei è tutt’altro che casuale; infatti, come spiega l’artista, la fragile dimensione umana si ferma davanti ad un mucchio di ossa e di carcasse, come inghiottita in un irragionevole e spaventoso abisso in cui l’unico appiglio per non affogare e sprofondare è l’abitare i tempi attuali, l’ora, l’adesso, e coltivare la memoria. Stellemiti riassume, dunque, la consueta forza espressiva, rabbiosa e malinconica, che ha contraddistinto, e contraddistingue, l’attività ed il pensiero del Maestro.

In foto: Auto da fé, 2004 – 2021, tecnica mista, facente parte della collezione Mo.C.A.