Ordine e caos: convinzioni surrealiste nelle opere di Giulia Napoleone.

Pescara. Classe 1936. Dopo aver conseguito il diploma magistrale nel 1954, Giulia Napoleone decide di seguire la sua più grande passione e vocazione maturata fin da tenera età, il disegno; contemporaneamente, inizia anche ad interessarsi alla musica, alla poesia e alla fotografia. Nel 1957 si trasferisce a Roma dove si diploma al Liceo Artistico, dopo di che si iscrive all’Accademia di Belle Arti dove studia tecniche incisorie su insegnamenti dei maestri Bianchi Barriviera e Maccari. Il 1963 è l’anno della sua prima personale che si tiene alla Galleria Numero di Firenze: l’esposizione consiste in un’accurata selezione di opere, considerate ed interpretate come vere e proprie “stimolazioni visive” in cui l’artista sperimenta segno e luce, ovvero i due cardini, temi fondanti, della sua ricerca professionale. Questa prima esperienza rappresenta una sorta di “battesimo” per l’artista sia sul piano nazionale sia in relazione a scelte metodologiche e concettuali che poi non verranno più abbandonate ma perseguite ed approfondite. Il tema centrale di questi anni diviene, infatti, la “ricerca di luce” che non si esaurisce ad un puro effetto geometrico, né alla ripetizione di forme invariate e costanti, ma si orienta verso la ricerca di un fluire luminoso, continuo e dinamico, in un divenire naturale che si materializza su tela. Intraprende frequenti viaggi all’estero, dall’Australia al Nord Africa, dal Sud della Francia all’Olanda e Paesi Scandinavi; nel frattempo, la sua produzione, in continua crescita, inizia anche ad orientarsi verso la sperimentazione di nuove tecniche come l’acquaforte e l’acquatinta, la xilografia e la calcografia, con utilizzo di nuovi strumenti come il bulino ed il punzone. La sua Arte si concretizza, ora, nelle temporanee ospitate alla Galleria dell’Obelisco a Roma (1973) e alla Galleria Menghelli a Firenze (1974) dove vengono esposte opere realizzate in sicoglass, una plastica trasparente e durevole decorata con disegni e incisioni.

Gli anni Ottanta rappresentano un punto nodale per l’artista che, con la complicità della temperie del momento, approfondisce la sua indagine su luce e colore; i risultati di nuove sperimentazioni e suggestioni vengono esposti alla Galleria Il Segno (Roma, 1980) e alla Galleria Il Millennio (Roma, 1983). Nel 1986 viene invitata a partecipare all’XI Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma, dove espone tre grandi acquarelli e dove torna anche nel 1999; dopo una parentesi di pochi anni (dal 1987 al 1991) in cui realizza disegni ad inchiostro di china dai quali emerge una natura avvolta in un denso sentimento di panico, dal 1992 inizia ad interessarsi al tema dell’acqua e a tornare alla luce intesa come pura energia multidirezionale. Da questo momento in poi nelle sue opere si concretizza e si stabilizza l’utilizzo del bianco e nero, binomio concepito come luce-colore ed utilizzato con minime grafie a massima intensità. Nel corso degli anni Novanta si susseguono personali a Roma (1992), Bologna (1995), Firenze (1997) e a Le Locle (Svizzera 1990), solo per citarne alcune. Il suo nome è ormai consacrato nel panorama artistico nazionale ed internazionale, tanto che nel 2001, al Museo Villa del Cedri di Bellinzona, viene costituito il Fondo Giulia Napoleone e nel 2010 vengono donati disegni a inchiostro al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi di Firenze: il prezioso lascito è costituito da opere che riassumono le diverse fasi della sua ricerca, fra 1963 e 2003. Dal 2003 al 2009 si trasferisce in Siria.

Nel corso della sua carriera ha intrapreso una lunga attività d’insegnamento che dagli anni Settanta la vede impegnata fino al 2010: ha infatti ottenuto la cattedra al I Liceo Artistico di Roma e alla Calcografia Nazionale, dove ha studiato da giovane, all’Accademia delle Belle Arti dell’Aquila, all’Università de la Laguna di Tenerife (Spagna) e alla Private University of Science and Arts di Aleppo (Siria). Riceve premi e riconoscimenti tra cui il titolo di Accademico Nazionale di San Luca, che riveste dal 2007; partecipa anche a numerose mostre sia in Italia che in Europa, da Roma (Istituto Nazionale per la Grafica e Associazione Mara Coccia 2007 e Accademia di San Luca 2008), a Reggio Emilia (Palazzo Magnani 2014) e in Svizzera (Bellinzona 2007, 2009 e 2015). Nel 2018 la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma omaggia l’artista con una mostra antologica composta di centoquattro opere tra dipinti, sculture, disegni e incisioni che descrivono la nascita e gli sviluppi del suo linguaggio formale: i paesaggi interiori, i c.d. “paesaggi di puntini”, come li definisce lei stessa, ovvero materializzazione di esiti intellettuali proponenti la sua personalissima visione del reale mediato dalla musica e dalla poesia. Si cita anche la temporanea “Dialoghi del mare”, allestita tra il settembre e l’ottobre 2020 nel Centro Polifunzionale per studenti dell’Università degli Studi di Bari ed inquadrata nell’ambito del “Progetto di cooperazione Italia-Grecia Interreg 2014-2020” per la creazione di un “parco di viaggi letterari in Grecia e Magna Grecia”: dodici le opere presenti, definite dall’artista stessa “misure della memoria”, a suggerire il rapporto stretto ed indissolubile tra tempo e spazio.  Nel marzo 2021 la Ophen Virtual Art Gallery di Salerno allestisce una retrospettiva intitolata “Viaggi e costellazioni alla ricerca dell’infinito” composta di 56 opere realizzate tra il 1956 ed il 2020; nel corso della temporanea, uno spazio è dedicato anche alla presentazione del libro d’artista “Come il volo del tuffatore di Paestum” in cui si presentano 7 pastelli inediti. Dal mese di maggio 2022 anche la Galleria Civica Mo.C.A. di Montecatini Terme presenta in collezione due sue opere, Misura della Memoria XVII e Misura della Memoria XXIV, donate in occasione del progetto Florilegio Italiano – artisti invitano artisti, ideato e promosso dall’Assessorato alla Cultura della città; grazie al nobile gesto dell’artista, si amplia così, in numero e prestigio, un nucleo di opere già importante e solido che, a sua volta, arricchisce il profilo culturale artistico della città.

Il supporto preferito dell’artista è la carta su cui utilizza, indifferentemente, inchiostro di china, acquarello e pastello per realizzare rigorose griglie geometriche scandite da geniali modulazione cromatiche a due toni. I disegni in bianco e nero nascono proprio in risposta a due esigenze: far convivere ordine e caos, ovvero gli opposti che compongono un paesaggio, e soddisfare la sete di una maggiore libertà compositiva, oltre i limiti del supporto. La sua Arte è pura astrazione e l’astrazione è rigore che si alimenta di riflessione che, per sua stessa natura, si oppone al sentimento; il sentimento è, invece, trasporto verso la natura che è, contemporaneamente, armonia e caos in un delicato equilibrio; pertanto, ammirare la natura significa trovarsi in un costante gioco di forze tra limiti reali ed irreali. Questo fenomeno si anima su tela in segni lineari ed elementari che, in un binomio di bianco e nero, rappresentano i mezzi attraverso cui bilanciare e domare ordine e caos. Il bianco e nero è dunque un fenomeno espressivo che, sfruttando la staticità del colore, suggerisce concetti di vicino/lontano, presenza/dissolvenza, particolare/universale, ordine/caos, spazio/tempo; infatti, gli infiniti intrecci di minuti elementi che compongono i suoi quadri ricordano il barbaglio della luce del sole a cui corrisponde, e si oppone, un centro di confluenza che è il disegno stesso, ovvero architettura del paesaggio composto di geometrie impercettibili e piccolissime molecole. I segni hanno, dunque, piena libertà di disporsi sia per addensamenti sia per rarefazioni, creando reticoli e perle di luce e dando vita, così, a continue oscillazioni tra superficie bidimensionale del supporto e profondità del paesaggio, ovvero del sentimento. Le figure risultanti sono, dunque, esiti di processi matematici, ovvero di rapporti numerici cari all’architettura e alla musica: ne deriva un ordine che si fonda sul caos, sul contrasto, e che ad ogni “incidente” anima l’infinitamente piccolo. In poche parole: convinzioni matematiche con occhio surrealista.

Sostanzialmente, dunque, i bianchi e neri di Giulia Napoleone sono realtà in equilibrio realizzate con un lessico artistico preciso e formale; sono paesaggi naturali ed interiori, puntinati, che nascono dall’ammirazione del reale e che prendono vita attraverso gli occhi dell’artista grazie a suggestioni musicali, poetiche, sentimentali. Questo dialogo costante tra poesia, musica e pittura caratterizza il suo lavoro che, in alcuni casi, si serve anche del blu in quanto “tono versatile”: su queste tele il colore, ovvero l’assenza di materia, fa esso stesso riaffiorare la luce dal fondo della carta per mezzo di delicate trasparenze. Le opere di Giulia Napoleone sono, dunque, un vero e proprio unicum che consente un viaggio impossibile poiché percorso contemporaneamente sulle ali del sentimento e con la luce della ragione; le sue opere rappresentano, in definitiva, l’ultimo appiglio, ovvero l’estrema e più vera possibilità di non soccombere alla granitica imbecillità dello stereotipato (Flaminio e Massimo Balestra).

Misura della Memoria XVII, 2012, olio su tela, cm 100×100

Misura della Memoria XXIV, 2020, olio su tela, cm 100×100