Guarneri: una pittura in equilibrio tra rigore e armonia.

Firenze. Classe 1933. Le opere di Riccardo Guarneri, esposte in numerosi Musei d’Arte Contemporanea sia italiani sia esteri, si inquadrano nell’ambito della pittura analitica.

Il Maestro vanta un curriculum di prestigiosi incarichi, esperienze e riconoscimenti: ha insegnato pittura nelle Accademie di Belle Arti di Carrara, Bari, Venezia e Firenze ed è stato onorato del titolo di Accademico Emerito per l’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze; ha partecipato alla Biennale di Venezia nel 1966, dove conosce Ezio Gribaudo, vincitore per la parte grafica, e nello stesso anno alla “Weiss auf Weiss” di Berna, alla Biennale di Parigi del 1967 e alla Quadriennale di Roma del 1973; nel 2017 ha partecipato, nuovamente, alla Biennale di Venezia; nel 2018 ha preso parte alla mostra 100% Italia. Cent’anni di capolavori al Museo Ettore Fico di Torino; nel 2019 ha esposto al Museo del Novecento di Milano e di Firenze; nel 2021 il Centre Pompidou di Parigi ha acquisito quattro sue opere.

Dal dicembre 2021 anche la Galleria Civica Mo.C.A. di Montecatini Terme si arricchisce di un capolavoro del Maestro: l’artista ha infatti aderito al prestigioso progetto “Florilegio Italiano” ideato e promosso dall’Assessorato alla Cultura della città, donando “Così leggero, così strutturato”, splendido acquarello su carta, che incrementa in prestigio un nucleo già solido.

Guarneri frequenta la Scuola Libera del Nudo di Firenze ed inizia a dipingere ventenne con uno stile prettamente figurativo che poi abbandona a favore di un approccio più informale, principalmente su ispirazione ed ammirazione di Rembrandt.

La carriera artistica inizia formalmente nel 1953 e pochi anni più tardi, nel 1960, il Maestro inaugura la sua prima mostra a l’Aia: questa esperienza lo spinge a riflettere, maturare e coltivare interessi ed inclinazioni più specifiche relativamente alla percezione visuale della tela, ovvero dell’opera d’arte stessa.

Guarneri inizia infatti a sperimentare e a studiare il colore che viene interpretato come strumento compositivo, ovvero come fosse vera e propria luce su tela; così facendo, l’artista inaugura una sorta di terzo tempo della pittura astratta ed informale che fa strada ad una ricerca del tutto personale, frutto di un’acuta sensibilità. Il supporto scelto, la tela, diviene uno spazio intellettuale e poetico in cui la pittura diventa grafia, segno grafico, che si fa spazio entro il campo cromatico/luminoso della superficie stessa; da questo momento in poi, il segno, la luce ed il colore iniziano quindi a fondersi per identificarsi in un unico elemento sul supporto. Nascono così tele chiarissime, leggerissime, impalpabili, diafane e raffinatissime in cui lo spazio risulta scandito da variazioni di colore corrispondenti a variazioni luminose; tele in cui le uniche tracce riferibili a superfici sono rese con un semplice e scarno segno grafico a matita.

Questo primo ciclo di opere, ospitato nel 1963 a Palazzo Strozzi, consacra il nome di Guarneri sul panorama artistico italiano e, al contempo, suggerisce, stimola ed incoraggia una ridefinizione dello stile che diventa sempre più rigoroso, con vivo e peculiare senso geometrico. Le tele si fanno, quindi, sempre più bianche al punto di risultare leggibili solo dopo un’osservazione attenta, prolungata e ponderata della superficie. Il candore quasi assoluto dei dipinti provoca, sostanzialmente, una sorta di raffinamento della percezione visiva, per cui spazio e profondità sembrano svanire in limiti indefiniti ed indefinibili; i colori riconoscibili sono, in realtà, il frutto di trasparenze luminose e sempre mutevoli, sono contemporaneamente colore-luce e luce-colore; i segni, che un tempo erano deboli grafie a matita, adesso si fanno più fitti e più regolari, geometricamente precisi, in lotta e netto contrasto con gli effetti di luce-colore.

Il Maestro sente di aver raggiunto la perfezione e, travolto da un senso di profonda insoddisfazione nei confronti di una Pittura che si è fatta eccelsa, senza macchie ed assoluta, ovvero puro concetto astratto, avverte la necessità di una ribellione; così, attorno agli anni Ottanta, Guarneri abbandona sia il rigore geometrico sia la tela per adottare la tecnica ad acquarello su supporti leggerissimi. Il risultato è una Pittura più dolce, sentimentale, più amichevole ed affabile: le opere si compongono, ora, di innumerevoli, candide e chiare macchie d’acquarello che si sovrappongono una sull’altra, su fragilissime e delicatissime veline di carta di riso giapponese.

A conclusione di un decennio di sperimentazione, agli inizi degli anni Novanta Guarneri torna alla tela e, senza rinunciare all’acquarello, riesce a sublimare le due esperienze: nascono opere che mixano squisitamente i due equilibri, ovvero una pittura delicata ad acquarello su tela, talvolta con rigore geometrico entro strutture grafiche, talvolta con momenti – e movimenti – ben più liberi, ritmici e cromatici.

A partire dagli anni 2000, il rinnovato e diffuso interesse per la pittura analitica fa sì che in Italia e all’estero fioriscano mostre dedicate ai suoi protagonisti, a cui il Maestro viene puntualmente invitato.

In foto: RICCARDO GUARNERI, Così leggero, così strutturato, 2020, tecnica mista su carta, cm 57×76