Lo stile aniconico di Mauro Cappelletti

Nel corso dei mesi dal suo avvio, il progetto “Florilegio Italiano”, solido ed efficace strumento di promozione culturale tramite valorizzazione di un corposo nucleo di opere, ha consentito – e rafforzato – sodalizi artistici con nomi di alto profilo del panorama contemporaneo. Ciò ha comportato, di conseguenza, anche una significativa e soddisfacente crescita della collezione della Galleria Civica montecatinese sia in termini quantitativi sia qualitativi, grazie alla generosità di artisti sostenitori dell’iniziativa; a questo novero si aggiunge, ad oggi, il nome di Mauro Cappelletti, tra i protagonisti principali della rivoluzione concettuale degli anni Settanta. L’artista dona, infatti, al nostro spazio espositivo un acrilico su tela su cui si avverte l’eco dello stile aniconico su cui si è basata la sua pluriennale e magistrale produzione.

Cappelletti inaugura la propria carriera nella seconda metà degli anni Sessanta quando inizia a proporre opere frutto di una ponderata ricerca in campo figurativo da cui si discosta rapidamente per adottare uno stile decisamente scevro di lezioni accademiche. In sintonia, infatti, con la filosofia di Lucio Fontana relativamente al concetto di spazialità, nel corso degli anni Settanta l’artista adotta un linguaggio espressivo basato su un lessico aniconico, vale a dire basato su una solida progettualità e su di un rigore geometrico incentrato sulle potenzialità insite nella nuda cromia e nella purezza della linea, elementi generatori dell’immagine. Le sue opere, definitivamente libere dalla mera narrativa di gusto figurativo, si caratterizzano quindi per un cerebrale, razionale e ragionato equilibrio nella composizione delle superfici in relazione ai segni generatori di direzioni, perciò spazialità. Sui supporti l’artista propone, quindi, tensioni cromatiche e geometriche mediante l’inserimento di linee-vettori, diagonali e ortogonali, che inducono illusioni prospettiche totalmente prive di simbologie e relative interferenze teoriche. È dunque evidente quanto la pittura si faccia materializzazione di una consapevolezza compositiva basata sul colore studiato con matematica sequenza ritmica, su di una asettica ed oggettiva progettazione, su di un preciso controllo tecnico, quasi chirurgico, del fare artistico. Così intendendo il processo creativo, colore e geometria non sono semplici e sterili elementi ma simboli e segni direzionali; le immagini si strutturano, così, su superfici essenziali grazie ad idee progettuali derivanti dallo studio del colore e dello spazio che si fanno sequenze compositive; le opere diventano, quindi, luminose campiture monocrome di pura ricerca tonale-geometrica-spaziale. Nel corso degli anni Ottanta il rigore geometrico e coloristico si “ammorbidisce” sensibilmente su influenza delle tecniche calcografiche verso cui l’artista prova una forte sintonia. Le geniali, avveniristiche, “conseguenze” di questo approccio pluriartistico si materializzano, nel corso degli anni Novanta, in ampie, libere e rapide stesure cromatiche in corsa prospettica e spaziale su superfici neutre. I lavori dell’artista iniziano, così, a nutrirsi di un cromatismo sempre più preponderante, così forte e netto da incupirsi in una escalation di tensione lirica; nelle sue più recenti realizzazioni si assiste, così, alla nascita di un nuovo codice espressivo pittorico denominato “monocromopluritono” che si caratterizza per ampie e globali stesure cromatiche lineari che esaltano e conferiscono all’opera una forte vibrazione dinamica.

Cappelletti ha esposto per numerose rassegne sia di ambito nazionale sia estero, da Trento a Venezia e Bolzano, da Portogruaro a Bressanone, fino a raggiungere Berlino. Il pittore figura, inoltre, tra i fondatori de “Astrazione Oggettiva” che dal 1976 si presenta come reunion di artisti promotori di nuovi codici espressivi che trovano riferimento nell’omonimo Manifesto firmato da Aldo Schmid e Luigi Senesi. Questo sodalizio incide così tanto sulla critica contemporanea che, a distanza di anni dalla sua fondazione, numerose gallerie continuano a celebrare il gruppo mediante allestimenti temporanei; è questo il caso della Galleria S. Gregorio di Venezia con “Dopo Astrazione Oggettiva” e dell’Estorick Collection of Modern Italian Art di Londra.

Cromospazio, 2016, acrilici e resina su tela, 70×100 cm