Suggestioni di un viaggiatore. Giorgio Ramella, tra rigore accademico e contemporaneo.

Il progetto “Florilegio Italiano – artisti invitano artisti” che nel corso dei mesi dal suo avvio ha incoraggiato e stimolato la nascita di sodalizi con importanti firme del panorama artistico contemporaneo, ha consentito anche un significativo ampliamento della collezione della Galleria Civica. Grazie, infatti, ai gesti di generosità da parte dei numerosi artisti sostenitori dell’iniziativa, ad oggi il corposo elenco di opere “nuove” si rafforza con due struggenti acqueforti di Giorgio Ramella, prossimamente apprezzabili nell’ambito di futuri allestimenti. 

Giorgio Ramella si forma all’Accademia Albertina di Torino dove studia pittura e tecniche incisorie; inaugura la propria carriera artistica sullo scorcio degli anni Sessanta con due esposizioni, una collettiva ed una personale, entrambe ospitate dalla Galleria La Bussola di Torino. Le sue attenzioni, rivolte al puro astrattismo geometrico, si materializzano in un ciclo di opere costituite di forme e frammenti metallici; le strutture che ne derivano, ben calibrate ma in un equilibrio drammaticamente lirico, vengono definite Incidenti. Ulteriori sperimentazioni sulla forma e sulle proporzioni suggeriscono all’artista di retrocedere di un passo e di rivolgersi al passato per tornare ad adottare, sullo scorcio degli anni Settanta, la figurazione pura, di stampo narrativo e di eredità accademica. Altre opere iniziano, così, a prendere forma; nutrite di aspetti polimaterici e politecnici, i nuovi oli su tela si discostano dallo stile precedente, materializzandosi compiutamente nel corso degli anni Ottanta nei cicli Lettere e Pavimenti.

Il curriculum dell’artista vanta partecipazioni a numerose rassegne di rilievo nazionale tra cui si ricorda la Quadriennale Nazionale di Roma, il Salone Internazionale dei Giovani e l’adesione ad una mostra itinerante ospitata tra la Galleria d’Arte Moderna di Milano, la Scuola Grande di San Teodoro di Venezia e la Promotrice delle Belle Arti di Torino. Si aggiungono anche ragguardevoli esperienze estere tra cui si ricorda la partecipazione all’esposizione Quelques tendences de la jeune peinture italienne ospitata a Parigi e Bruxelles e 6 grabadores italianos a Segovia. Da ricordare anche la personale tenutasi nel 1990, Due stagioni allo specchio, ospitata ad Acqui Terme, in cui Ramella propone una sorta di retrospettiva e confronto tra il primo e stile e quanto di più recente rielaborato. Nel 1991 l’artista torna a Torino dove allestisce Segni, strutture, immagini e due anni più tardi, nel 1993, è presente a Spoleto con una personale dedicata esclusivamente alla tecnica e all’articolazione del suo linguaggio pittorico.

Nonostante i numerosi impegni, Ramella viaggia tra Stati Uniti, Oriente e Africa, collezionando una serie di esperienze che lo arricchiscono sul piano umano, artistico e culturale, influenzando anche il suo linguaggio pittorico; così, tra il 1994 ed il 2000 nascono Graffiti, opere esposte sia in Italia sia all’estero, alla Galerie Unter Turm di Stoccarda e al Musée Départemental de la Préhistoire a Solutré, Mâcon. Un anno più tardi, nel 2001, un ciclo interamente dedicato a Vincent Van Gogh viene esposto alla Galleria La Nuova Gissi di Torino, alla Galerie di Lione e al Centre Le Polaris di Corbas. La rassegna Ramella: dai Graffiti all’Oriente 1994-2006, allestita nel Complesso del Vittoriano e proponente una trentina di grandi opere, consacra definitivamente l’impegno pittorico e coloristico dell’artista. Nel 2009, infatti, segue la temporanea A Oriente verso Sud, allestita nell’ottocentesca fabbrica locomotive di Torino; la mostra, dedicata ad un nucleo di tele di grandi dimensioni, proponeva un viaggio tra struggenti e drammatici tramonti africani. Lo stesso allestimento viene poi riproposto anche entro la cornice delle raffinatissime sale di Palazzo Litta a Milano. Gli stessi paesaggi africani, tramonti e scenografie, vengono proposti per Fly Zone, esposizione ospitata nel 2011 a Palazzo Chiablese di Torino; la temporanea, ispirata alla Posta Aerea Coloniale, propone un nucleo di opere accompagnate da piccoli aeroplanini in legno costruiti dall’artista, posti in sospensione dal soffitto e riflettenti ombre su pareti e su tele. Nel 2021 l’Infinita Bellezza delle opere di Ramella trova spazio anche alla Reggia Venaria di Torino.

Tra i numerosi premi e riconoscimenti ottenuti si cita, solo per dirne alcuni tra i più celebri, il Premio San Fedele (Milano, 1961), il Premio Michetti (Francavilla al Mare), il Premio Scipione (Macerata, 1964), il primo premio di pittura Villa San Giovanni, il Premio Ramazzotti (Milano).

Ramella che, dunque, riesce a sublimare un rigoroso accademismo con spirito nuovo dal forte trasporto coloristico di scuola impressionista, viene discusso ampiamente dalla critica; nel 1985 esce la monografia Un pittore dipinge la pittura curata da Paolo Fossati, narrante l’orientamento stilistico dell’artista, ritratto nelle fattezze di un pittore ottocentesco en plain air.

Ramella dipinge sull’onda di emozioni e suggestioni ma dai suoi lavori traspare, comunque, la piena padronanza della tecnica. Il rigore accademico si svela, dunque, forte e deciso nella perfezione delle sue acqueforti in cui il divario tra luci ed ombre è sapientemente calibrato a garantire un’affascinante ed attrattiva minuzia di particolari, superfici e textures. I soggetti dei suoi oli su tela riflettono, altresì, emozioni e suggestioni avvertite dal viaggio, inteso come summa di esperienze da esso derivanti. Viaggiare è scoprire nuovi orizzonti, nuove affinità, nuovi contrasti, nuovi mondi; è un invito alla riflessione e al confronto con l’attualità e con il passato ancestrale, con la memoria del mondo. Il viaggio accende gli occhi e l’intelligenza emotiva di Ramella; nei graffiti metropolitani di New York l’artista riesce a riconoscere codici linguistici-comunicativi insiti nelle pitture rupestri paleolitiche; le silhouette evocano figure antropologiche, indigeni guerrieri vestiti di pellicce ed armati di arco e freccia; i volti umani, scavati e accesi da contrasti coloristici, si svelano nel loro crudo esistenzialismo.

Ramella è una sorta di aborigeno metropolitano (Marco Rosci) che attraverso le sue opere ha saputo regalarci magistrali squarci temporali su altre geografie, altri mondi, altre ere.

Fine d’estate, 1983
Natura morta, 1963

In foto:

Fine d’estate, 1983, acquaforte e acquatinta, cm 36,7×49

Natura morta, 1963, acquaforte su carta, cm 36,3×40